"Gilda", la dark lady della Hollywood anni '40



"Gilda"

GILDA
il noir dell'età dell'oro

"Lei fuma troppo. 
Solo le persone infelici 
fumano troppo"
(dal film "Gilda")


Serata brillante, compagnia giusta, un'ottima cena: cos'altro desiderare di più se non un noir pazzesco come "Gilda"? Capolavoro, "Gilda", a cominciare dal bianco e nero sontuoso e barocco, firmato Rudolph Maté - direttore di fotografia dalla grande abilità tecnica, che ha più volte lavorato in pellicole con protagonista Rita Hayworth

La prima volta che vidi "Gilda" avrò avuto dodici o tredici anni, il VHS uscì abbinato a un quotidiano e io feci salti di gioia perché quella cassetta fu una sorpresa bellissima, un viaggio davvero unico nella Hollywood d'oro, fabbrica dei sogni, che tanto mi appassionava e di cui leggevo tutto quello che potevo (non c'era ancora Internet...).

Nei manifesti pubblicitari dell'epoca, "Gilda" (uscì nel 1946) venne presentato con frasi di buon auspicio: non c'è mai stata una donna come Gilda, non c'è mai stato un film come Gilda, e infatti, "Gilda", splendido noir, è entrato nel mito e nell'immaginario collettivo, così anche il prototipo della bad-good girl (la donna fintamente cattiva) che ha reso immortale Rita Hayworth, oggetto del desiderio, la Dea dell'amore, la chiamavano. Un'eredità ingombrante, tanto che lei ripeteva: gli uomini s'innamorano di Gilda e poi si svegliano accanto a me.


Rita Hayworth
Ancora oggi, a distanza di settantaquattro anni, nessuno spettatore può restare indifferente a "Gilda", storia torbida intinta nel melò (una turbolenta love story, tra amore e odio, e un triangolo: due uomini e una donna). Sono una gioia per gli occhi i numeri musicali di Amado mio e di Put the blame on mame, il celebre spogliarello del guanto (la Hayworth venne doppiata nelle canzoni, la sua vera voce la sentiamo solo in una scena, in una versione acustica alla chitarra). O ancora: l'inquadratura di Gilda, l'entrata in scena mitica: un primo piano potente come il fuoco e il rosso fiammeggiante dei suoi capelli, quel rosso che venne scelto dagli studios per creare la diva Rita Hayworth. (Piccola digressione: ne "La signora di Shanghai", Orson Welles le creerà un look diverso: capelli corti e biondi). 

Indelebile, Gilda/Rita. Chi non vorrebbe avere il suo carisma? Molto tempo dopo, il noto personaggio animato, Jessica Rabbit, celebrava il personaggio di Gilda e l'indimenticabile stella del cinema. (Ve lo ricordate "Chi ha incastrato Roger Rabbit", altro super cult, che se non l'avete visto, correte a prenderlo).

Tornando al film. Gli ingredienti del noir sono tutti in fila: ambientazione esotica, gioco d'azzardo, denaro, risse, dialoghi taglienti, femme fatale. Ovviamente, abiti mozzafiato e case da urlo. E pensare che le recensioni dell'epoca, non furono generose. Sul New York Times "Gilda" venne definito lento, opaco, poco emozionante.

Quanto agli interpreti maschili, magnifici: Glenn Ford, George Macready (i suoi ruoli di cattivo sono memorabili) e Steven Geray, nella parte di zio Pio, personaggio chiave per lo scioglimento della trama. Tra Glenn Ford e Rita Hayworth sbocciò l'amore. Molti anni più tardi Ford, come raccontato da alcuni giornali, conservava ancora una foto della Hayworth accanto a una rosa rossa.

Curiosità, a proposito di girl power: erano gli ani Quaranta, eppure "Gilda" è stato prodotto da una donna: Virginia Van Upp.


©micolgraziano

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