"Atto di violenza" (1948) di Fred Zinnemann

 

Robert Ryan in "Atto di violenza"



NOIR D'AUTORE

Un tizio, sguardo duro e mascella serrata, in una stanza d’albergo cerca numero e indirizzo di qualcuno, poi traccia un cerchio con un pennarello. Mistero fitto. È una delle scene iniziali di questo splendido, tesissimo (telefoni che squillano, maniglie che si muovono, killer dietro la porta), noir anni Quaranta diretto da Fred Zinnemann ("Un uomo per tutte le stagioni",“Mezzogiorno di fuoco", "Da qui all’eternità”). Un’opera originale, questo thriller/noir, con trovate insolite per l’epoca: i titoli di testa, per esempio, non ci sono, i crediti scorrono solo nel finale. Insomma, il mio consiglio è: se non avete mai visto “Atto di violenza” rimediate alla svelta, perché è un film coi fiocchi; cinema in grande stile, che lascia col fiato sospeso (la tensione sale) con un paio di scene da brivido. La trama eccola qua: un tale Joe (Robert Ryan), che gira con impermeabile, cappello e pistola, tornato dalla guerra, è sulle tracce di Frank (Van Heflin) suo ex compagno d'armi. Joe vuole uccidere Frank. Motivo: Frank fece la spia per salvarsi la pelle facendo morire un gruppo di commilitoni. Ad ostacolare il piano di vendetta ci pensa la fidanzata di Joe che fa di tutto per evitare che si compia la tragedia. Inizia una caccia all'uomo nella quale s'inseriscono una serie di oscuri personaggi. Il cast è, ovviamente, brillante. Tra le donne ci sono Janet Leigh, che anni dopo vedremo in “Psycho” e Mary Astor, insuperabile nei ruoli di femme fatale (“Il mistero del falco”). “Le tre cose più importanti di un film sono: la sceneggiatura, la sceneggiatura, la sceneggiatura” disse, una volta, il regista Zinnemann. E qui, grazie a un ottimo lavoro di scrittura (opera di Robert L. Richards), egli può realizzare una pellicola fantastica che, ancora oggi a distanza di tempo, ipnotizza lo spettatore. La conclusione della storia ha il sapore forte e drammatico della Hollywood in bianco e nero. 

©micolgraziano


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