"La vie en rose" (2007) di Olivier Dahan - L'Oscar di Marion Cotillard

 

Marion Cotillard


Non, je ne regrette rien
Ni le bien qu'on m'a fait, ni le mal 
Tout ça m'est bien égal


“La vie en rose”: di Olivier Dahan, regista e sceneggiatore francese, in passato conosciuto anche per aver girato videoclip di Zucchero e dei Cranberries. 

"La vie en rose" è un film biografico (oggi si chiamano, con una parola chic: biopic), un film biografico che ha il piglio d’un libro classico, popolare e romantico, uno di quei volumi di ottima fattura (che fanno venir l’acquolina in bocca ai bibliofili accaniti) che si leggono con le lacrime agli occhi, una tazza di tè accanto; sistemati su una comoda poltrona, davanti a un camino acceso. Dahan ci regala atmosfere alla Charles Dickens, scrive una sceneggiatura romanzata e confeziona un prodotto di qualità, raffinato, rivolto a un pubblico vasto. 

"La vie en rose" ha avuto parecchio successo sia di critica che di pubblico, ha vinto l'Oscar per miglior trucco e la fantastica protagonista Marion Cotillard ha ricevuto l'Oscar per la sua interpretazione, una performance mozzafiato (in alcuni momenti è irriconoscibile, completamente trasformata) che l'ha resa una delle migliori attrici drammatiche della sua generazione (lei è del 1975). 

Al centro, ovviamente, la vita della cantante francese Édith Piaf, voce da usignolo, che resta nel cuore; dono naturale. Una vita intensa, eppur tragica e breve (non è arrivata neppure a 50 anni). Lei che ha patito (nel corpo e nello spirito) ma che non rimpiangeva niente, come cantava in una delle sue canzoni più famose e potenti: "Non, je ne regrette rien".

Marion Cotillard
Un’infanzia tormentata: la piccola Piaf cresce prima del tempo. Ne è in qualche modo obbligata. La vediamo mentre osserva assorta una bambola; i giocattoli, simbolo d'innocenza, svago, di una fanciullezza che però lei non ha mai conosciuto appièno, ingoiata da una realtà feroce, di povertà e abbandoni. Trascurata dai genitori, una madre vagabonda con ambizioni di cantante, un padre circense, contorsionista, in giro qui e là; la piccola Édith cresce in una "casa del sesso", un postribolo gestito dalla nonna. 

Marion Cotillard
Le ragazze si prendono cura di lei, la portano anche in pellegrinaggio a Lisieux sulla tomba di Santa Teresa del Bambino Gesù dalla quale avrà un miracolo: la santa la guarirà da una malattia agli occhi. Ecco perché la Piaf sarà sempre molto devota, non solo a Teresa di Lisieux; avrà tanta fede e in una scena si rifiuta di salire sul palcoscenico perché non trova la sua croce d'oro. 
Quanto agli abbandoni, uno su tutti: la perdita dell'amato Marcel, il pugile che incontra in una New York più lucente che mai. Il racconto dell'innamoramento è efficace e brioso (lui la porta in un bar a mangiare un panino di carne, ma lei si ribella e lo trascina in un ristorante con tutti i crismi)Il drammatico momento della morte di Marcel, vittima di un incidente aereo, è ben girato e lascia il segno. Infine, la narrazione: si avvolge in una sorta di circolarità, con associazioni di idee che rendono il tutto favolistico e onirico, si procede per associazione di idee. Il cast, poi: grandioso, dal primo all'ultimo. Nei panni dell'impresario e scopritore della Piaf c'è un ottimo Gérard Depardieu. 

©micolgraziano

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