"Diario di un ladro" di Robert Bresson


"Diario di un ladro"

Lo sceneggiatore americano Paul Schrader s'ispirò a "Diario di un ladro" quando scrisse "Taxi Driver" (1976), diretto da Martin Scorsese. Tra gli ammiratori di "Diario di un ladro" c'è anche il regista Marco Bellocchio.

"Diario di un ladro" (titolo originale: Pickpocket) è uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi, uno di quei titoli da conservare con cura nella propria cineteca. Scritto e diretto da Robert Bresson (1901-1999), cineasta tra i maggiori del mondo, e tra i maestri del minimalismo, il film è ispirato a "Delitto e castigo" di Dostoevskij.  

Quel che salta agli occhi è la non-recitazione. Prendiamo il protagonista, Michel: distaccato, imperturbabile, gelido; una distanza emozionale però eloquente: di Michel cogliamo i travagli, la solitudine, la sofferenza; il disagio, il disamore per la società, l'arroganza. 

"Diario di un ladro"

Michel è un intellettuale squattrinato, che vive in una stamberga, sporca e squallida, con una branda, dei libri polverosi; passa le giornate a rubare orologi e portafogli - alle corse dei cavalli, nelle stazioni, in metropolitana - per sentirsi qualcuno; Michel si crede una sorta di super-uomo, quasi per dare un senso alla vita squallida e infelice che conduce, un'esistenza fatta di nulla, di gesti immorali, e priva di fede - Michel dice di aver creduto in Dio, solo per qualche istante. Il suo dramma esistenziale raggiungerà il culmine quando finirà in prigione. Lì inizierà la sua redenzione e si lascerà guarire dall'amore di una donna: Jeanne.   

Martin LaSalle che interpreta Michel non era un attore e non aveva mai recitato prima di questo film. E mi viene in mente, Carlo Battisti, accademico italiano, che venne scelto da Vittorio De Sica per interpretare il ruolo del protagonista in quel capolavoro che è "Umberto D." (1952).



©micolgraziano

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