"Mustang" (2015) - Recensione del film di Deniz Gamze Ergüven

 

Mustang

"Mustang", è il nome che in Messico e negli Stati Uniti viene dato ai cavalli selvatici, riottosi. Indomabili, a briglia sciolta, chiome al vento, come le carismatiche protagoniste di questa storia firmata Deniz Gamze Ergüven, regista e sceneggiatrice franco-turca (classe ’78), qui al suo primo lungometraggio (era il 2015), un esordio applaudito da pubblico e critica: energico, potente e sincero. La pellicola ha rappresentato la Francia agli Oscar e vinto quattro César. 

Al centro della trama di "Mustang" ci sono cinque fanciulle, sorelle, molto unite tra loro (il manifesto del film ne è la prova: strette strette in un abbraccio circolare). 

I genitori sono morti e quindi queste bambine/adolescenti vivono con una nonna dal cuore di pietra (che non esita a picchiarle, chiudendole a chiave nelle stanze) e uno zio mostro, padre-padrone, che starebbe bene in "Miss Violence"; uno zio che abusa di loro (Ergüven non esaspera i toni, evita di mostrare immagini shock; sceglie di evocare e non di mostrare esplicitamente). 

Mustang
Le cinque sorelle, Lale, Nur, Ece, Selma, Sonay, abitano in un remoto villaggio turco, luminoso, ricco di vegetazione (la fotografia elegante esalta il bianco e l'azzurro); un luogo isolato che dista centinaia e centinaia di chilometri da Istanbul, città che sogna di raggiungere Lale (la vicenda viene raccontata dal suo punto di vista e sarà lei il deus ex machina, colei che spezzerà le catene, romperà l'incantesimo, come nelle fiabe). Lale sogna un futuro radioso, avulso da condizionamenti. 

Il posto in cui vivono le ragazzine, è un fazzoletto di case, diviso tra mare e boschi, le ore scandite dal canto del gallo. Il mare. Già, sarà proprio il mare "la radice di ogni male"Lale, Nur, Ece, Selma, Sonay, vengono punite per colpa di un gioco innocente sulla spiaggia, perché ridono e si rincorrono a riva, sfidando le onde, con un gruppetto di maschi. Si sa, la malizia è negli occhi di chi guarda, recita un adagio, ogni gesto può apparire sensuale anche se ingenuo. 

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Le sorelle per aver osato divertirsi con dei giovanotti verranno punite severamente, su di loro resterà una macchia che potrà essere lavata soltanto tramite matrimoni riparatori combinati. La nonna e lo zio le rinchiuderanno in casa, con le sbarre alle finestre (una vera e propria prigione, tanto che la regista si è ispirata a "prison movies" come "Fuga da Alcatraz", e "Un condannato a morte è fuggito"). 

La nonna e lo zio le chiameranno "svergognate": dovranno restare dentro, senza più andare a scuola. Impareranno a cucinare, lavare, cucire. Ma Lale, la piccolina, non ci sta. Lei dal temperamento forte che impara a guidare la macchina, malgrado la tenera età, che ama giocare a pallone e che per vedere una partita allo stadio organizza una fuga, scappando dalla finestra, insieme alle altre. "Mustang" è un film indimenticabile e ricco di vita. Perderlo è davvero un peccato. 

©micolgraziano

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