"I giorni contati" (1962) di Elio Petri - Voglia di un'impossibile felicità

Elio Petri

I GIORNI CONTATI
Cesare, che voleva godersi ogni attimo

Opera senza tempo (attualissima ancora oggi), "I giorni contati", è il secondo lungometraggio di Elio Petri. Nei panni del protagonista un Salvo Randone in forma smagliante. Randone, attore caro al cineasta romano che lo scelse in molte sue pellicole. "I giorni contati" si aggiudicò il Nastro d'argento per il soggetto, scritto da Petri con Tonino Guerra. Nel cast figurano in piccoli ruoli Vittorio Caprioli, Paolo Ferrari, Lando Buzzanca e Regina Bianchi. 

Roma. “Faccio vacanza. Ho i giorni contati”, dice a un amico Cesare, stagnaro cinquantenne, colto da una crisi di mezza età. Un giorno, Cesare, viaggiando in tram, assiste alla morte improvvisa, per infarto, di un passeggero; un uomo, grosso modo, suo coetaneo. L’episodio lo scuote e passa in rassegna il passato, il presente. Tempo di bilanci, giudizi. Quanto gli resta, ora che non è più un ragazzo? Un mucchietto indefinito di mesi, forse, e la consapevolezza di non aver visto abbastanza, di non aver conosciuto abbastanza, di non aver esplorato il mondo. Di non aver mai fatto “un giretto” in aereo, solcando i cieli della città: eccolo, allora, bighellonare all’aeroporto, a osservare gli aerei decollare, la gente partire. Cesare lascia il lavoro coltivando l'illusione di potersi così godere ogni attimo dell'esistenza. Coltivando esperienze. Lasciandosi cogliere dal brivido dell'imprevedibile. 

Elio Petri
Cesare, incatenato in un dolore insanabile. Cesare, dalla sensibilità di un filosofo. La gente non lo capisce. Per gli altri è strano. L’amico - che ogni notte è in strada a dipingere le strisce pedonali - lo prende quasi per matto; Cesare, l'uomo che vorrebbe agguantare l'infinito, che fa una fatica nera, ogni dì, assillato dai perché. Gli amici lo esortano a riprendere il lavoro, senza lavoro non si campa, gli ripetono. Critiche gli piovono anche dal figlio che mette subito le mani avanti: io non ti posso mantenere. Cesare ha dei risparmi ma senza far niente a poco a poco il tesoretto evapora. La soluzione? Chiedere lumi a un mendicante incrociato per caso, un barbone che rastrella un sacco di quattrini e si concede lauti pranzi in trattoria. Cesare vorrebbe sì imitarlo, mettersi pure lui a mendicare in stazione, però gli manca il fegato. Si lascia, infine, agganciare da un gruppetto di truffatori per mettere in piedi un impiccio: simulare un incidente e beccare qualche milione dall’assicurazione. Condizione: farsi rompere un braccio. Cesare all'ultimo minuto manda all'aria il piano, scappa e l'arto non se lo fa spezzare. 

Cesare avverte un vuoto dentro. Non gli basta andare con le prostitute o invitare al cinema una vecchia fiamma (che comunque lo pianta in asso). La disperazione di Cesare è palese, tangibile. Brama la libertà e quando la ottiene è triste più di prima. È pervaso da un'inafferrabile voglia insaziabile. Eppure il lavoro di stagnaro gli piace. Si capisce mentre ne parla con un ragazzino sulla spiaggia. Gli spiega che lo stagnaro è un bel mestiere perché si conoscono tante persone e si va nelle case degli altri, comprese quelle dei ricchi. Da ultimo Cesare sarà costretto a tornare al proprio lavoro, perché faticare è l’unico modo per non pensare ai fallimenti, alle corse senza traguardo. Il tempo scorre e lo scopo qual è? Prendere il tram e una sera chiudere gli occhi per sempre. Fine della corsa. Un piccolo capolavoro esistenzialista. 

"I giorni contati" è disponibile su Prime Video 

©micolgraziano

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