LA VILLA DEL VENERDÌ
le conseguenze di una coppia aperta
Dramma lussurioso tratto dal racconto omonimo di Alberto Moravia inimitabile nel raccontare i sentimenti e il desiderio. Un film ardito che si allinea a certe storie intrepide del cinema francese. L'intellettualismo della sceneggiatura e, un'innegabile eleganza formale, impediscono alla pellicola di scivolare nel cattivo gusto. Le musiche sono di Ennio Morricone. Il cast è internazionale: Julian Sands ("Camera con vista"), Joanna Pacula ("Programmato per uccidere"), Tchéky Karyo ("Nikita"). "La villa del venerdì" viene definito anche thriller erotico eppure di thriller c'è ben poco, non basta una pistola impugnata in una scena. È, comunque, un'opera lontanissima da "Basic Instinct" o "Attrazione Fatale".
Stefano (Julian Sands) è un intellettuale prestato al cinema. Lavora come sceneggiatore e soggettista. È sposato con un’ex modella di nome Alina (Joanna Pacula). Alina: una bella donna borghese, annoiata, infelice. Alina non può avere figli. Cerca di colmare il vuoto col sesso. Non si accontenta di Stefano benché dica di esserne innamorata. Sono una coppia aperta, soprattutto per l'inquietudine di lei che colleziona amanti e insegue, senza sosta, il piacere. Un giorno s'invaghisce di un oscuro musicista, Paolo, (Tchéky Karyo) e ogni venerdì se ne va nella villa (davvero mozzafiato, la location scelta per le riprese è Villa Volpi a Sabaudia) dell'uomo (la villa del venerdì che dà il titolo al film) fino alla domenica. Stefano resta solo. Potrebbe anche lui avere delle avventure, Alina lo incoraggia in tal senso. Ma Stefano tradisce Alina a malincuore. Lo fa perché anche lei lo tradisce, come ribadisce a una donna incontrata in un autogrill. La domenica, quando torna a casa, Alina illustra nel dettaglio le ore trascorse con l'amante. Colpisce la freddezza con cui snocciola particolari e Stefano lì ad ascoltare. Stefano vuol dare un calcio al perbenismo ma chiede troppo da se stesso e arriverà a sfiorare la follia. C’è nel plot la critica alla famiglia tradizionale. Tuttavia la trasgressione di fondo si scioglie in un finale patinato, dal gusto hollywoodiano.
Stefano non è una pietra e i racconti della moglie, di settimana in settimana, lo rendono inquieto. Si respira un'aria torbida sottolineata da una vicenda che corre parallela ovvero: la sceneggiatura a cui sta lavorando Stefano, un copione basato su una Lolita. L’amore raccontato ne “La villa del venerdì” è imperfetto e malato e di questo sentimento tetro si fa portatrice Alina, la divoratrice di uomini, la mantide di turno. Alina rappresentata come simbolo del peccato. Alina che brama le percosse dell'amante. Una fabula che sconcerta, dunque; nata dalla penna di uno dei più maggiori autori italiani del Novecento, Moravia. La letteratura vera dopotutto ha proprio il compito di sconvolgere. Alina indossa spesso un abito rosso (rosse anche le scarpe) e particolare attenzione è dedicata al momento della vestizione di Alina che si prepara con cura prima di scappare via in auto a raggiungere l'adorato Paolo. Stefano la osserva con dolore e medita vendetta. Non siamo in un noir né in un thriller, come già ribadito, e le cose prenderanno una piega morbida sul finale. "La villa del venerdì" è un film spudorato e oggi di film così non se ne fanno più. Ecco perché merita la visione.
"La villa del venerdì" è disponibile su Prime Video
©micolgraziano
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