di essere andato così male.”
(Diego Armando Maradona)
Il premio Oscar Paolo Sorrentino si racconta in un'opera intima e commovente: "È stata la mano di Dio" (Leone d'argento - Gran premio della giuria a Venezia). Il regista partenopeo ripercorre gli anni della sua adolescenza attraverso l'alter-ego Fabietto Schisa (un sorprendente Filippo Scotti, premiato a Venezia per la sua performance). Siamo a Napoli. Anni '80. Il liceale Fabietto, sguardo da bambino e walkman sempre agganciato ai jeans (secondo la moda dell'epoca), è un ragazzo timido e impacciato, che studia con interesse la filosofia e guarda i film di Sergio Leone, in particolare "C'era una volta in America" (di cui vediamo in più di una scena una vecchia cassetta VHS - è infatti un film molto amato da Sorrentino).
Fabietto ha una sorella che se ne sta chiusa sempre in bagno e un fratello più grande, Marchino, dongiovanni che ama spassarsela senza pensare al domani, un giovanotto che in casa gironzola perlopiù in mutande ed è attratto dal mito di Cinecittà (vorrebbe sfondare come attore, si presenta a un provino, ma viene scartato da Fellini). Fabietto invece non è uno sciupafemmine, le coetanee lo ignorano. È molto legato ai suoi genitori (interpretati da Toni Servillo e Teresa Saponangelo) e, come tutti i suoi parenti, è tifoso del Napoli; una passione sfegatata per Diego Armando Maradona. E sarà proprio El Pibe de Oro (la cui figura aleggia in maniera ieratica e impalpabile per tutto il film) che avrà un ruolo importante nello svolgimento della trama, perché grazie a lui, Fabietto avrà la vita salva.
La famiglia di Fabietto è numerosa e variopinta. La prima parte del racconto segue i toni della commedia e si ride in più di un'occasione, grazie alle colorite battute in dialetto, agli scherzi goliardici e ad una serie di maschere potenti (la memoria non può che andare al cinema di Fellini) quali, ad esempio: una matrona imbacuccata che divora mozzarelle di bufala e impreca a tutto spiano (in una scena verrà quasi linciata), un attempato pretendente di una zia prosperosa.
Tra i personaggi memorabili c'è la zia Patrizia (un'incisiva Luisa Ranieri che apre il film in una meravigliosa sequenza onirica) additata da tutti come pazza e ninfomane, in realtà prigioniera di un esaurimento nervoso causato dalla sua sterilità. Fabietto e Patrizia sono due anime incomprese, sofferenti, che custodiscono un profondo dolore. Si piacciono, si comprendono. Sono, seppur in modo diverso, due sognatori.
Fabietto si libererà di fantasmi e paure andando a Roma per fare il cinema; il cinema che gli permetterà di trasfigurare una realtà a suo dire scadente."La realtà è scadente": un'affermazione che meglio di ogni altra definisce l'arte di Sorrentino, la sua vena magica e surreale. Di momenti che tengono incollati allo schermo ce ne sono diversi, ne cito solo uno: una donna che sicura di sé, con invidiabile maestria, fa girare l'hula hoop.
©micolgraziano
Brava Micol, impeccabile cone sempre!
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