“7 donne e un mistero”: una lussuosa villa di campagna, il cancello alto e imponente (se ne trovano così nelle fiabe o in qualche racconto horror), il freddo, il Natale alle porte, una famiglia (tutte donne, appunto come anticipa il titolo) che si riunisce per le feste imminenti, la neve che cade copiosa. Potremmo essere in un romanzo di Agatha Christie. Già, perché stiamo parlando di un giallo da camera (attenzione, però: non c'è un Hercule Poirot o un investigatore scaltro altrettanto a sbrogliare l'intricata matassa).
Un giallo che abbraccia la commedia "dark" di cui qualche accenno troviamo in un banchetto pantagruelico dove le signore, ben vestite e truccate, divorano cibo alla stregua di fiere affamate, le labbra selvaggiamente sporche di cibo/sangue.
Il film co-sceneggiato e diretto da Alessandro Genovesi (autore della nota pièce “Happy Family”, che Gabriele Salvatores portò sul grande schermo nel 2010) è un remake, precisamente: la pellicola di riferimento è "8 donne e un mistero", regia di François Ozon, la sceneggiatura si basa sull'opera teatrale degli anni Cinquanta di Robert Thomas.
Il film di Ozon ebbe successo di critica e di pubblico, si aggiudicò un Orso d'argento a Berlino; il cast era da urlo, tra le protagoniste: Fanny Ardant, Isabelle Huppert, Catherine Deneuve.
Tornando al film di Alessandro Genovesi: l'immagine che apre le danze (metaforiche) ci fa immaginare uno spettacolo succulento che tiene incollati alla poltrona (eppure via via che il nastro si srotola sfuma un poco la magia): ripresa dall'alto, un’auto d’epoca (la vicenda è ambientata negli anni Trenta del Novecento) procede lentamente in una stradina isolata.
Il filo della trama si avvolge in uno spazio di cui nulla si sa, il luogo è oscuro, si parla di un generico "paese". I fatti eccoli qua: un uomo, il marito della padrona di casa (Margherita Buy), viene pugnalato in camera da letto. Lui vive insieme alla moglie, alla suocera (Ornella Vanoni), alla figlia, alla cognata, alla domestica. Ha una seconda figlia che abita altrove.
Tutte le dame (compresa la giovane amante, impersonata da Micaela Ramazzotti) avrebbero un motivo per ucciderlo. Genovesi si rifà al film di Ozon ma come spiega nelle note di regia: “abbiamo cercato di raccontare la storia a modo nostro”.
La scenografia è curata e anche la musica. Ad ogni modo qualcosa non convince fino in fondo. La soluzione dell'enigma arriva repentina. I dialoghi poco affilati e talvolta eccessivamente contemporanei e ultra-pop.
Efficace, invece, la cognata Agostina, sfortunata in amore, anima in pena a caccia del cavalier senza macchia (lei è uno dei personaggi migliori insieme a Maria, la domestica interpretata da Luisa Ranieri, reduce dalla splendida performance nella pellicola di Paolo Sorrentino, "È stata la mano di Dio").
Agostina (le dà il volto Sabrina Impacciatore), eccessiva e ampollosa, depressa e audace, strappa sorrisi e lascia il segno.
©micolgraziano
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