Film girati in una stanza o in un appartamento. Ce ne sono di straordinari. Ricchi di suspense. Prendiamo, per esempio, "Carnage" (Polanski) o "Il delitto perfetto" (Hitchcock) o "Nodo alla gola" (Hitchcock) o "Panic Room" (Fincher) o, appunto, il capolavoro di Sidney Lumet: "La parola ai giurati", pellicola del '57, che tra i vari riconoscimenti ha ricevuto tre nomination all'Oscar e un Orso d'oro a Berlino, andato al regista, Lumet, qui al suo primo lungometraggio.
Il fascino di questo film (pietra miliare per i cinefili e per chi cerca emozioni forti) è dato da un solido impianto teatrale, da una sceneggiatura robusta e sorprendente (tiene inchiodati alla poltrona), da interpreti di primo piano. Ed è stato giustamente inserito nella lista delle migliori pellicole americane di tutti i tempi. Ecco, "La parola ai giurati", è uno di quei titoli da avere nella cineteca. Perché insegna a ragionare, a dialogare, a prendere decisioni in gruppo. A risolvere problemi. A smontare i pregiudizi.
Il cast è stellare. A cominciare da Henry Fonda (padre dei celebri Jane e Peter) che è anche uno dei produttori del film. Lo affiancano alcuni dei maggiori caratteristi di Hollywood: Martin Balsam, Lee J. Cobb, attori che bucano lo schermo e lasciano a bocca aperta. Per bravura e carisma. E che dire ancora di due leoni come Joseph Sweeney e Jack Warden? Warden veste i panni del Giurato n.7. Personaggio che colpisce, il Giurato n.7, perché ruspante, impulsivo e spiccio, così diverso dal riflessivo Giurato n.8 che ha il volto di Henry Fonda.
Il titolo originale del film è "12 Angry Men" (12 uomini arrabbiati). Dodici uomini che si chiudono in una stanza per decidere se condannare alla sedia elettrica un giovane accusato di aver ucciso il padre. Le prove contro il ragazzo sembrano schiaccianti ma in camera di consiglio a un giurato (il n.8) sorge un dubbio che lo porta a domandarsi: e se l'imputato fosse innocente?
"La parola ai giurati" è un miracolo di scrittura e di regia. Imperdibile.
©micolgraziano
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