Commedia audace, "Il matrimonio che vorrei" (2012): parla di calo del desiderio tra marito e moglie. La coppia in questione è formata da due over 60, sposati da più di trent'anni. I due, ormai annoiati, svogliati, depressi, neanche si guardano più: dividono lo stesso tetto (ma non lo stesso letto...) come fossero estranei. Il film è diretto da David Frankel, un nome di spicco, che sa appassionare il pubblico e anche stavolta centra l'obiettivo: lo spettatore si sente in qualche modo vicino ai due protagonisti, comprendendo le loro timidezze e le loro fragilità. A firmare la sceneggiatura è Vanessa Taylor che ha guadagnato una candidatura all'Oscar (insieme al regista Guillermo del Toro) per aver scritto il pluripremiato "La forma dell'acqua".
Kay e Arnold abitano in un'invidiabile villetta fuori città. In apparenza felici, sembrano incarnare al meglio il sogno americano, eppure non è tutto oro quel che brilla. Arnold, ruvido e intrattabile, si alza sempre alla stessa ora, mangia sempre uova e bacon (preparati sempre dalla moglie) e poi via al lavoro, dopo un saluto distratto. A cena copione identico: musi lunghi, sonnellino davanti alla tele. Kay spadella, lava i piatti, piange, non si piace, si vede sovrappeso e poco attraente. A un certo punto, però, una timida luce in fondo al tunnel: iniziano una terapia di coppia...
Meryl Streep è al solito grandiosa, ma Tommy Lee Jones non è da meno, anzi direi che è il motore trainante. Sorprendente in una parte insolita (per una volta niente azione, niente thriller). Veste i panni di un marito burbero, chiuso, bloccato, spaventato a morte dalla tenerezza. L'interpretazione di Tommy Lee Jones è ricca di umanità. Arnold si nasconde dietro rabbia e cinismo ma soffre molto: la psicanalisi sarà per lui un percorso doloroso.
Steve Carell nella parte del terapeuta è perfetto. Si conferma un attore fortissimo.
©micolgraziano
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