"Whitney - Una voce diventata leggenda" (2022) - Biopic così così

Naomi Ackie

WHITNEY - UNA VOCE DIVENTATA LEGGENDA

Diretto da Kasi Lemmons ("Harriet") e scritto da Anthony McCarten , sceneggiatore di "Bohemian Rhapsody", "Whitney: Una voce diventata leggenda" è un biopic tradizionale che non scalda il cuore. Malgrado la durata corposa, manca di spessore. Passa in rassegna gli eventi molto velocemente: racconta con superficialità - e una certa dose di freddezza - cose già note ai fan della cantante. Migliori di gran lunga i due documentari “Whitney: Can I be me” (2017) e "Whitney" (2018) indispensabili per comprendere la complessità di una delle più grandi stelle della musica. 

Nei panni di Whitney Houston l'inglese Naomi Ackie (classe '92) che s'impegna al massimo (anche se canta in playback). È brava, tuttavia distante fisicamente dalla vera Houston. Ackie è un'attrice che sta scalando la vetta (si è fatta notare in "Star Wars: L'ascesa di Skywalker" e lavorerà con Bong Joon-ho  in "Mickey 17"). Nei primi minuti una giovane Whitney canta il gospel in chiesa. Si sa, la Houston era molto religiosa. Cresciuta in un ambiente borghese, ha ricevuto un'educazione rigida. Whitney, adolescente, prende lezioni di musica dalla madre, Cissy Houston (Tamara Tunie), maestra severa e perfezionista. Cissy le indica la via: per cantare servono testa, cuore, pancia. Quasi subito arriva l'incontro con l'amica e fidanzata (relazione rimasta a lungo segreta, anche se le voci circolavano) Robyn Crawford (interpretata da Nafessa Williams, anche lei poco somigliante al personaggio che interpreta). Whitney e Robyn vanno a vivere insieme. La Crawford resterà al fianco dell'artista per anni. Ricoprirà ruoli di primo piano nello staff. 

Naomi Ackie
La pellicola mostra, seppur di sfuggita, i sensi di colpa che la Houston nutriva a causa della relazione (in una scena le due litigano in modo acceso) con la Crawford. Amava immensamente l'amica ma questo sentimento scatenava i malumori della famiglia Houston: il padre John (che ha il volto di un ottimo Clarke Peters) e la madre Cissy. Significativa la sequenza in cui il genitore (nonché manager) la esorta a farsi fotografare in giro con dei giovanotti. Di lì a poco, Whitney sceglierà di sposarsi con Bobby Brown, (Ashton Sanders) cantante e ballerino afroamericano. Un matrimonio complicato e turbolento. 

Naomi Ackie
Non è un'opera eccelsa, però questo biopic firmato Lemmons ha un merito: in filigrana si può leggere la tesi del documentario di Nick Broomfield e cioè che l'amore di Whitney Houston (oltre alla musica, ovviamente), il legame che davvero l'ha resa felice è stato quello con l'amica Robyn Crawford. La carriera della Houston, dopo alcuni anni da record, a un certo punto si è sgretolata. Perché? Per un desiderio di perfezione: non poter mostrare in pubblico la parte più autentica di sé l'ha portata a rifugiarsi nelle droghe. Fino alla tragica scomparsa in un hotel di Beverly Hills, l'11 febbraio 2012. Per quel che riguarda il cast del film, merita una menzione speciale Stanley Tucci impeccabile nel ruolo del produttore discografico Clive Davis

©micolgraziano

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