“Scene
da un matrimonio” (1973) di Ingmar Bergman, “Kramer contro Kramer” (1979) di Robert Benton, “Mariti e mogli” (1992) di Woody Allen: tre titoli memorabili
che raccontano le difficoltà dell'amore. Noah Baumbach s’inserisce in questa
tradizione con “Marriage Story” (2019), da lui scritto e diretto, e ispirato
alla sua esperienza di divorzio (l’ex moglie è l’attrice Jennifer Jason Leigh). La
pellicola è già un classico: acclamata dalla critica, sei nomination agli Oscar 2020, uno l’ha vinto Laura Dern, miglior attrice
non protagonista, per la sua interpretazione dell’avvocato divorzista, Nora Fanshaw, legale di Nicole/Scarlett.
Distribuito da Netflix, “Marriage
Story” ci parla di Charlie (l’ottimo Adam Driver, sempre più bravo, qui
fantastico anche quando canta) e, appunto, Nicole (Scarlett Johannson, perfetta,
nei lunghi monologhi), della loro separazione e degli effetti che
la fine del matrimonio avrà sulle loro vite e quella del loro bambino, Henry,
di otto anni.
Nicole è un’attrice di Los Angeles, che ama la televisione e il
cinema, Charlie un regista e drammaturgo di successo, ben radicato negli
ambienti della New York intellettuale; i due lavorano insieme fino a quando le
divergenze diventano insanabili, perché Nicole si sente soffocata dalla forte
personalità del marito.
Laura Dern interpreta un avvocato di
successo, uno dei migliori sulla piazza di Los Angeles, dolce fuori, falco
dentro, con artigli (e tacchi rossi) ben affilati; un mastino da combattimento
che in tribunale azzanna senza pietà - e il suo personaggio è fondamentale nella trama. All’inizio del film Nicole e Charlie si descrivono con tenerezza: lei sa tagliare i
capelli, è cordiale, gentile, lui è un papà perfetto, cucina, spazza per terra;
ma questo non basta a colmare distanze siderali, e talvolta inspiegabili,
o forse sì: i sentimenti prendono il loro
corso, inafferrabili e impalpabili, e allora non meraviglia vedere Nicole, dopo tanto rancore versato, in ginocchio, commossa, ad allacciare le
scarpe di Charlie.
©micolgraziano
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