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Dura la vita d'un attore. Antonio Cerami (un perfetto Antonio Albanese) tira avanti con pochi spicci. Fa i salti mortali per pagarsi due stanzette fuori Roma e sbarca il lunario doppiando porno. Nessun ingaggio. Niente ruoli. Sente il mondo crollargli addosso (lavoro che scarseggia, conto in rosso, matrimonio a pezzi) e si vergogna a dire che dà la voce in pellicole hot. Un giorno un suo amico, borioso direttore di teatro, un tale Michele (Fabrizio Bentivoglio) gli trova una sistemazione: maestro di recitazione in carcere.
Antonio dovrà insegnare a un piccolo gruppo di detenuti. L'esperienza inizia in sordina. Non poche le difficoltà. Via via, però, l'entusiasmo cresce. Antonio rifiorisce e spezza le catene della depressione. È toccato da un'idea brillante: proporre ai detenuti Beckett: "Aspettando Godot", testo emblematico del teatro dell'assurdo. Una scelta, questa di Beckett, dettata dal fatto che i carcerati gli raccontano quanto sia snervante per loro vivere nell'attesa perenne di un cambiamento o di una parola di conforto. I pensieri di Estragone e Vladimiro, personaggi beckettiani, porteranno una qualche luce nelle esistenze strappate di questi uomini in cerca d'orizzonti. Ovviamente non saranno rose e fiori, anzi: la tempesta arriverà implacabile. Eppure, malgrado ciò, rimarrà per sempre una scintilla, una speranza, in un angolo nascosto del cuore.
©micolgraziano
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