"Bones and All" (2022) di Luca Guadagnino - Horror shock verniciato di rosa


Luca Guadagnino

BONES AND ALL 

Tratto dal romanzo omonimo dell'americana Camille DeAngelis,"Bones and All" di Luca Guadagnino è stato premiato con il Leone d'argento alla regia a "Venezia79". Protagonisti Taylor Russell, considerata dagli addetti ai lavori una stella nascente, e l'ormai super star hollywoodiana Timothée ChalametPregevole il cast nei ruoli secondari dove troviamo attori eccellenti in grado di lasciare un segno indelebile: il premio Oscar Mark Rylance (ipnotico), Michael Stuhlbarg (da brivido), Jessica Harper, Chloë Sevigny (in una sequenza sconvolgente) e un cameo del regista David Gordon Green. "Bones and All" è un film macabro e feroce, in alcune scene faticoso resistere alla visione (diverse le immagini ripugnanti). Il finale è raggelante. Un'opera che appare provocatoria per la scelta di preferire un terrificante realismo a un più surreale fantasy (che sarebbe stato più appropriato). Le riprese si sono svolte in Maryland, Ohio, Nebraska, Indiana, Kentucky. 

Stati Uniti, anni Ottanta. Siamo nell’America profonda, rurale, periferica. L’America degli spazi sconfinati, delle fattorie, delle strade immense baciate da tramonti sublimi (alla "Nomadland"). L’America dei pick-up, di case sgangherate o modeste, abitate da anziani e da famiglie che non navigano certo nell’oro. In questo contesto vive la diciottenne Maren (Taylor Russell), una ragazzetta dall’aria innocua, indossa vestitini svolazzanti fiorati, una come tante, insomma, che va a scuola e la sera esce con le compagne, anche se il papà le dice di no. E allora lei che fa? Scappa dalla finestra, ovviamente. Una notte partecipa a un pigiama party. Alla festicciola Maren toglie la maschera: zàcchete! azzanna il dito dell’amica, lo spezza, lo divora, e fugge via, lasciandosi alle spalle, sangue, pianti e urla disperate. 

Timothée Chalamet
A questo punto, scopriamo che Maren ha un difettuccio: mangia la gente...In tenerissima età ha sbranato la baby-sitter. No, non è la fiaba di Cappuccetto rosso. Qui di fiabesco neppure l'ombra. Tutto è realistico ed è proprio l'eccesso di vero il punto debole della sceneggiatura che sconcerta sì ma l'orrore appare studiato per scandalizzare il pubblico. L'episodio del dito, porta il genitore a una scelta: abbandona la figlia e chi s'è visto s'è visto. Le lascia sul tavolo un mazzetta di dollari, ciao ciao bambina. D’ora in poi, la ragazzina antropofaga dovrà cavarsela da sola. Maren, natura ferina però niente denti aguzzi né fattezze animalesche. Lei azzanna carne cruda con nonchalance e conversa amabilmente di sangue, e altre disgustosi argomenti, come se nulla fosse. Lo spettatore è avvisato. 

Timothée Chalamet
Rimasta sola, Maren, si mette in viaggio, un lungo vagabondare, alla Thelma e Louise, o alla Bonnie e Clyde (guardate il film di Arthur Penn), se ne va errabonda, udite udite, alla ricerca della madre (un'ottima Chloë Sevigny). La troverà in un ospedale psichiatrico. La donna è scatenata, in preda alla follia si è divorata le braccia. Ma non sveliamo troppo. Insomma, in questo peregrinare, Maren incontra altri cannibali. Killer e divoratori di uomini che, incredibile, agiscono indisturbati, straziano, ammazzano e nessuno li vede mai, nessuno li cerca, nessuno li rincorre. Questi selvaggi emarginati accettano la loro tetra natura, si annusano a vicenda (sentono odori a distanza), talvolta s'innamorano tra di loro, talvolta tentano di eliminarsi a vicenda. 

Mark Rylance
Lungo la strada Maren s'imbatterà nell'oscuro, spaventoso, Sully (l'eccellente Mark Rylance), un vecchio che le insegnerà alcuni "trucchi del mestiere". I due banchetteranno insieme (in una sequenza raccapricciante). Non ci viene spiegato perché questi personaggi siano mossi da tale istinto bestiale. Non sono vampiri né mostri. Sono persone normali assettate di sangue, cadaveri, corpi e ossa. Dopo Sully, per Maren ecco sbocciare l'amore: incontra lo scafato e scheletrico Lee (Timothée Chalamet), giovanotto dall'aria punk che strappa viscere, felice e soddisfatto. Dopotutto, il suo ritornello suona più o meno: siam fatti così, che dobbiamo fare. Tra Lee e Maren è colpo di fulmine. Passione eterna e macabra. Si desiderano in quanto simili: squartano e sguazzano nel sangue mentre si baciano. Viene da domandarsi: perché tanta violenza? Metafora del male? Invito a mangiare verdura? (non si può non pensare al romanzo "La vegetariana"). O forse solo voglia di un cinema estremo che mostra trecce nauseabonde di capelli, facce imbrattate di sangue e mosche che danzano attorno.

Da segnalare la vitale colonna sonora che comprende, fra gli altri, brani dei Kiss ("Lick It Up"), Joy Division ("Atmosphere)New Order. “Bones and All” è un film che non si dimentica facilmente anche perché lascia addosso, per molto tempo, un senso di fastidio. 

PS. Se cercate altri film profondamente disturbanti, armatevi di coraggio, e guardate: “Il portiere di notte” (1974) di Liliana Cavani,  "La pianista" (2001) di Michael Haneke,"Monster" (2003) di Patty Jenkins.

©micolgraziano

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