IL PRIMO GIORNO DELLA MIA VITA
Le parole più interessanti della sceneggiatura del film "Il primo giorno della mia vita" sono pronunciate da un personaggio secondario: appare per una manciata di minuti appena. A interpretarlo è Lino Guanciale. Si tratta di un mini monologo/dialogo. Ed è l'unica scena in cui si accende una qualche scintilla nel cuore dello spettatore. La storia si nutre di esistenzialismo e ricerca della felicità. La memoria cinematografica corre indietro a “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, "La vita è meravigliosa" di Frank Capra e perfino “Ritorno al futuro”. Pellicole memorabili a cui il film di Genovese sembra ispirarsi senza però agguantare il risultato sperato.
Il primo giorno della mia vita sfiora il fantasy (Servillo vola in una scena) ma lo abbandona per inseguire un comodo realismo. Il filo si annoda attorno a quattro personaggi imbrigliati nel male di vivere. C’è chi ha perso una persona cara, chi è ossessionato dal desiderio d'arrivar primo, chi è vittima dei propri genitori, e chi invece sta male senza un perché: incatenato in un'angoscia profonda e inestirpabile. A salvarli sarà un tipo misterioso (interpretato da Toni Servillo), un angelo senza ali, un essere metafisico materializzato dal nulla. Questo tizio senza nome, una luce nel deserto, ferma il tempo, in un'esistenza parallela, sospesa. La vita è meravigliosa, spiegherà ai quattro. Eppure non bastano un paio di momenti poetici di un pranzo vista mare in una casetta abbandonata per arrivare al cuore del pubblico. Toni Servillo fa del suo meglio nei panni dell'uomo del mistero, che abita in un albergo spettrale di una Roma plumbea. Dici albergo, dici Servillo e subito pensi a “Le conseguenze dell’amore” di Paolo Sorrentino. Però "Il primo giorno della mia vita" non regala lo stesso brivido lungo la schiena.
©micolgraziano
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