"Il colibrì" (2022) di Archibugi - Ottimo Favino ma il film frammentato non scalda il cuore

 

Pierfrancesco Favino

IL COLIBRÌ

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, è tratto dall'acclamato romanzo omonimo (vincitore del Premio Strega) dello scrittore toscano Sandro Veronesi (fratello del regista Giovanni). Il libro è pubblicato da "La nave di Teseo". Il cast è corale e comprende, fra gli altri: Bérénice Bejo, Nanni Moretti, Laura Morante, Kasia Smutniak, Benedetta Porcaroli. Protagonista: Pierfrancesco Favino che dà il massimo in un film che non scalda il cuore perché tutto costruito su flashback. La scena migliore del film: il primo incontro tra Nanni Moretti (che recita alla Nanni Moretti: parole scandite una a una) e Favino, un faccia a faccia divertente, surreale e ricco di suspense. 

Film ambizioso nelle intenzioni. Racconta di Marco (Pierfrancesco Favino), medico toscano. Della sua vita: dall’infanzia - in una ricca famiglia borghese atea e comunista -, fino alla morte per eutanasia quando ormai, presumibilmente, è ultra-ottantenne. Un’epopea privata e l'intero bagaglio di tragedie: suicidi, morti improvvise, malattie mentali, amori indissolubili mai consumati. Marco si sposa quasi per scommessa, con la donna sbagliata (Kasia Smutniak). L'aggancia, dopo averla notata in una trasmissione televisiva. Lei si chiama Marina e fa la hostess. Lui piomba in aeroporto e le chiede la mano. Sente un'affinità, Marco. Perché entrambi scampati a un incidente aereo. Il matrimonio naufraga in fretta. Lei è esaurita e si circonda di amanti. 

Kasia Smutniak
Marco, comunque, non l'ha mai amata. Il cuore di lui appartiene a Luisa (Bérénice Bejo), una vicina di casa, che incontrava da ragazzo durante le vacanze al mare. Restano legati anche da grandi. Periodicamente, s'incontrano a Parigi. Fanno un patto: niente sesso. Un amore casto che procede tale fino alla fine. La figlia di Marco sembra risentire del burrascoso clima familiare. È una bambina psicologicamente fragile: crede di avere un filo attaccato dietro la schiena. 

Pierfrancesco Favino
I fatti narrati non seguono una linearità. Gli episodi scorrono velocemente, troppo velocemente (due ore non bastano a raccontare una vita così lunga); per frammenti. Tutto è spostato, mescolato, spezzettato, avanti e indietro nel tempo. Faticoso seguire la trama. I flashback non aiutano lo spettatore ad entrare in sintonia con storia e personaggi. A soffrire con essi. Non c'è il tempo. Favino è puntuale e credibile nel ruolo di Marco tuttavia la sua bella interpretazione non basta a sollevare un film ambiziosissimo che non centra l'obiettivo.

Pierfrancesco Favino
Sotto certi aspetti "Il colibrì" ricorda un’altra pellicola interpretata da Favino, “Promises” . Anche lì, trovavamo un Favino 1) alle prese con una relazione platonica e 2) molto invecchiato sul finale (il trucco esagerato toglie naturalezza al personaggio). “Il colibrì” somiglia nella struttura al francese “Stringimi forte” che narra perdite e drammi attraverso schegge temporali, una scelta stilistica penalizzante. "Il colibrì" non è il miglior film di Francesca Archibugi. Restano insuperabili, a mio avviso, “Mignon è partita” e “Il grande cocomero”


©micolgraziano 

Commenti